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Il piano di rifinanziamento non avanza

I proprietari delle case escono a mani vuote dal piano di salvataggio

Mary Kane, The Washington Independent
8 ottobre 2008

Negli ultimi tempi c’è ben poco da star allegri per le persone costrette ad affrontare il ripossessamento da parte delle banche – e per le organizzazioni operanti nello sviluppo dell'immobiliare e della comunità.

Il disegno di legge approvato la scorsa settimana che prevede un piano di salvataggio da 700 miliardi di dollari offre poco o niente per i proprietari di abitazioni in difficoltà. Una misura volta a emendare la legge federale che consentirebbe ai giudici fallimentari di rinegoziare i mutui ipotecari non è riuscita ad arrivare alla versione finale. La stessa sorte è toccata ad una proposta finalizzata ad accantonare (ai fini di abitazioni a prezzi accessibili) il 20 percento circa dei futuri profitti derivanti dalla vendita di titoli garantiti da ipoteche “tossiche”. (I repubblicani temevano che i soldi sarebbero andati a finire alla ACORN, un gruppo che secondo il partito repubblicano sarebbe legato a brogli elettorali.)

Man mano che le preclusioni aumentano, la disposizione di legge indirizzata a maggiori modifiche dei mutui non avrà che un modesto impatto, considerando che i mutui ipotecari “subprime” sono stati ben spezzettati e venduti ad investitori in tutto il mondo. Il dibattito relativo al disegno di legge ha rianimato le vecchie accuse secondo cui a causare la crisi dei mutui ipotecari sia stato il Decreto sul Reinvestimento Sociale (Community Reinvestment Act), una legge “anti-redlining”, puntando così il dito contro i mutuatari più indigenti e appartenenti a minoranze; viene proprio da dirsi: oltre al danno la beffa.

E non sembra assolutamente che la situazione vada migliorando. Sembra che la crisi dei crediti renderà le cose ancora più difficili, se non impossibili, per i proprietari intenzionati a rifinanziare i propri mutui — compresi quelli che non sono ancora “sott'acqua” con il mutuo.

Con tutti i soldi che il governo stanzia per il piano di salvataggio, resterà ben poco per la ricostruzione di quartieri residenziali o per la costituzione di canoni di affitto accessibili. Infatti i comuni grandi e piccoli che finora hanno utilizzato i proventi derivanti dalle transazioni immobiliari per finanziare lo sviluppo dei progetti abitativi, a causa del crollo del mercato immobiliare, non disporranno più di queste risorse.

In questo scenario catastrofico c’è qualcuno che tenta di conservare la speranza che la situazione possa migliorare; che il governo e gli organi di consulenza del settore immobiliare possano trovare delle modalità creative per giungere a delle soluzioni volte a rinegoziare i mutui o a riutilizzare i beni oggetto di preclusione. Ma a questo si penserà dopo. Per il momento non rimane che quella sensazione di rintronamento che si prova quando si affronta una sfida in salita che si è fatta un bel po’ più ripida di quanto non lo fosse.

“Il paesaggio è quello dell’Impero Romano dopo l’invasione di Attila, il re degli Unni” – così si è espresso Alan Mallach, membro autorevole del National Housing Institute in precedenza studioso visitatore presso la Federal Reserve di Filadelfia, facendo riferimento alle prospettive legate all’aiuto per i proprietari delle case e alla ricostruzione dei quartieri residenziali. “Tira proprio una brutta aria là fuori.”

Allo scoppio della crisi dei mutui ipotecari nel 2007 l’economia era ancora in forma abbastanza smagliante, fa notare Mallach. Oggi però la percentuale delle preclusioni peggiora man mano che l'economia si indebolisce, così che i proprietari delle abitazioni e i loro difensori saranno costretti ad affrontare sempre più difficoltà sul proprio cammino. “Abbiamo registrato una doppia battuta d’arresto,” sostiene Mallach. “La crisi economica ha assunto delle forme del tutto particolari. La domanda è: di quanto la situazione andrà peggiorando? Nessuno sa come andrà a finire.”

In alcune zone è più dura che in altre. A Cleveland, Kermit Lind, professore di diritto presso la Cleveland State University, considera il piano di salvataggio come un qualcosa di modellato appositamente per i mercati immobiliari delle zone costiere e del Nevada, senza troppe preoccupazioni per i problemi delle città del Midwest, dove il valore delle case e la popolazione si vanno riducendo. “L’effetto collaterale del piano di salvataggio,” secondo Lind, “avrà gli stessi effetti negativi, se non peggiori, della crisi dei mutui ipotecari stessa.”

Le città con un numero elevato di proprietà abbandonate o precluse, come Cleveland e Buffalo, hanno compiuto progressi nel far dichiarare le banche responsabili per le case vuote, trascinandole nei tribunali municipali per il settore immobiliare e multandole. In questo modo queste stesse città sono state in grado di recuperare almeno i costi per tagliare l’erba, chiudere le case con assi e altre opere di manutenzione.

Avevano anche la possibilità di provare a far pagare alle banche le spese per la demolizione di proprietà soggette a deterioramento. Le banche e i servizi di assistenza ipotecaria puntavano spesso il dito gli uni contro gli altri in materia di responsabilità sulle proprietà. Di fronte alle suddette multe però alla fine pagavano. Ora che il governo acquisterà milioni di titoli garantiti da ipoteche ed assumerà il controllo su Fannie Mae e Freddie Mac (ovvero Federal National Mortgage Association e Federal Home Loan Mortgage Corporation) sarà sempre più difficoltoso stabilire chi debba essere giudicato responsabile per le proprietà precluse.

Il semplice fatto che il governo acquisti dei titoli non significa che esso ne possederà o controllerà un numero sufficiente da poter prendere decisioni in merito a tutte le ipoteche — qualcosa che gli esperti di credito chiamano il problema di “Humpty Dumpty”. Non riusciranno a ricomporre le ipoteche; ed anche se ci dovessero riuscire, molti proprietari hanno comunque delle ipoteche di secondo grado che andrebbero anch'esse rifinanziate.

Si potrebbe pertanto creare una situazione in cui lo stato si prende in carico le proprietà, senza però essere in grado di rinegoziare i mutui. Sempre secondo Lind, dal momento che le leggi federali hanno la precedenza sulle leggi statali, è improbabile che un comune riesca a citare in giudizio il governo. Le città già subiscono le conseguenze del calo delle entrate dalle tasse sulle proprietà e si troveranno a dover affrontare costi ancora più alti per la manutenzione delle abitazioni precluse o la loro demolizione.

Secondo Lind, della Cleveland State University, tutto ciò si traduce in un enorme inasprimento del già grave problema dei titoli “tossici”, dove le banche non riescono a portare a compimento il processo che dovrebbe condurre alla preclusione delle proprietà senza valore, così che i diritti dei possessori di tali proprietà rimangono in un sorta di limbo. Le case vuote diventano intanto bersaglio di atti vandalici e interi isolati e quartieri residenziali vanno verso il degrado. Lind non ripone molta fiducia nel governo, ben conscio della reputazione del Dipartimento della Casa e dello Sviluppo Urbano, celebre per essere il proprietario immobiliare più disinformato ed inaffidabile del paese – dato che non è al corrente di tante sue proprietà.

Cleveland ha impiegato decenni per riprendersi dagli scandali che hanno coinvolto il Dipartimento della Casa e dello Sviluppo Urbano e l’Amministrazione Federale per le Abitazioni negli anni '70. Questa volta, sostiene Lind “si parla di generazioni, più che di decenni, prima di rimettere a posto le cose.”

Staremo a vedere se il governo mostrerà maggiori capacità nel rivalutare i mutui rispetto al settore privato. Come segno di incoraggiamento, la Banca d’America, che ha acquistato una finanziaria, ora nei guai, che opera nel mercato dei mutui subprime, la Countrywide Financial Corp., lunedì ha annunciato un piano di 3.5 miliardi di dollari per rinegoziare i mutui ipotecari con alto tasso per 400.000 mutuatari della Countrywide. Non è chiaro però fino a che punto questo piano possa funzionare né quanti siano i mutuatari e i fornitori di ipoteche partecipanti.

Martedì sera nel corso di un dibattito per le elezioni presidenziali il senatore John McCain, candidato repubblicano, ha fatto appello al Dipartimento del Tesoro perché acquisti le ipoteche sfortunate per poi rinegoziarle. Tuttavia l’acquisto diretto delle ipoteche non offre una soluzione al problema dei titoli spezzettati e sparsi tra vari investitori. Inoltre solo i mutuatari che potevano assicurare delle garanzie per il credito all’epoca della stipula del mutuo riusciranno a rientrare nel quadro di tale programma — condizione che può mettere fuori gioco milioni di persone che hanno beneficiato di mutui subprime senza alcun anticipo.

Non si sa bene neanche se i comuni avranno la facoltà giuridica di esprimersi nell’ambito della gestione governativa delle proprietà precluse per le quali i comuni stessi sono competenti. Alcune città come Cleveland hanno tentato di costituire delle banche di credito fondiario per acquistare le proprietà rimaste vuote e le case abbandonate, nell’intento di acquisire maggiore controllo sulle proprietà stesse e un po’ di potere in più nell'ambito delle trattative con il governo. Una banca di credito fondiario, come sottolinea Lind, richiede però l'approvazione legislativa, vale a dire un processo che va per le lunghe.

In ogni modo, nonostante la gravità della situazione che sembra possa solo peggiorare, i gruppi operanti nel settore immobiliario stanno già riflettendo su come ripartire, muovendosi nell’intento di creare nuove strategie volte ad aiutare i proprietari delle case e le comunità.

Se la Banca d’America riuscirà a rivalutare i mutui, “allora avrà cominciato a rimuovere un’enorme impasse”, cosi si esprime Ellen Seidman, impegnata nello studio del settore dell’assistenza finanziaria presso la New America Foundation. Si tratterà di un esempio per altre organizzazioni che forniscono prestiti — nonché per il governo. “Io aspetterei prima di farmi illusioni sui mutui assistiti” continua la Seidman, “finché non vedremo che qualcosa si inizi a muovere davvero.”

Su un altro fronte, se dopo le elezioni il partito democratico riporterà un'ampia maggioranza al Congresso, quest'ultimo proporrà molto probabilmente una sorta di disegno legge salva-mutui, che rappresenterà, sempre secondo la Seidman, uno strumento più attivo nell'evitare le preclusioni.

Data l’entità della crisi dei mutui ipotecari e il momento critico dei crediti, è probabile che il governo si apra di più a nuove idee — mostrando maggior efficacia — nella gestione delle modifiche ai mutui e delle preclusioni di quanto si possa ora presupporre. Non dimentichiamoci che le soluzioni del governo federale a crisi del passato, dalla Resolution Trust Corp. (ai tempi della batosta dei risparmi e dei mutui) fino alla Home Owners’ Loan Corp. (durante la Grande Depressione), sono stati giudicati come grandi successi, fa notare la Seidman.

Per esempio il governo potrebbe offrire degli incentivi o anche delle sanzioni ad intermedieri finanziari per stimolarli alla rinegoziazione dei mutui. Alcuni di questi ultimi si sono mostrati disposti a trattare, mentre altri hanno rifiutato qualsiasi tipo di apertura. Nell’ambito della legge sul piano di salvataggio, il Dipartimento del Tesoro può acquistare le ipoteche di secondo grado, spianando così la strada a maggiori ristrutturazioni dei mutui.

Mentre il governo federale si affanna a trovare soluzioni, gli stati vanno avanti per la loro strada. Questa settimana Mallach, della National Housing Institute, si è fatto portavoce di un progetto di legge dello stato del New Jersey che consentirebbe agli ex proprietari di rimanere presso le proprie dimore dopo la preclusione in qualità di locatari, finché la casa non è realmente venduta a qualcuno che intende utilizzarla ed occuparla.

Nella maggior parte dei casi i proprietari morosi sono stati automaticamente sfrattati in seguito ad aste tenutesi presso lo sceriffo, così che le case sono rimaste vuote per mesi o addirittura un anno o più, finché i nuovi proprietari non hanno deciso di farci qualcosa. Durante questo intervallo di tempo le case sono spesso oggetto di atti vandalici o comunque lasciate in cattivo stato.

A Filadelfia, lo sceriffo John Green ha adottato una politica in base alla quale le preclusioni vengono congelate finché non si giunge ad una mediazione tra entrambe le parti. Per il momento, ricorda Mallach, a questo tipo di mediazione si arriva solo in qualche caso. Molti mutuatari finiscono in situazioni di preclusione perché non possono o non vogliono comunicare con i relativi finanziatori. La mediazione li pone in una condizione in cui sono costretti a trovare una soluzione.

Solo di recente il Dipartimento della Casa e dello Sviluppo Urbano ha iniziato a fornire delle risorse finanziarie alle comunità, provenienti dai circa 4 miliardi di dollari accantonati nell'ambito del decreto salva-mutui, approvato durante l’estate con l’obiettivo di aiutare le comunità ad acquisire e risistemare le proprietà oggetto di preclusione. Secondo Mallach i soldi a disposizione non bastano per affrontare il problema in tutte le città in crisi, ma se vengono gestiti nella maniera giusta e mirati verso aree urbane specifiche potrebbero fare la differenza.

Quei soldi rappresentano una grande vittoria per le organizzazioni che si occupano del diritto alla casa , come fa notare Robert Zdenek, membro del consiglio di amministrazione del National Housing Institute e consulente per lo sviluppo delle comunità. Tuttavia, con la crisi dei mutui ipotecari e i 6,5 milioni di preclusioni previste nei prossimi anni, “si ha la sensazione di spegnere un piccolo fuoco in una boscaglia dove dietro sopraggiunge un incendio molto più violento.”

A detta dello stesso Zdenek e di altri non c'è da stupirsi del fatto che le organizzazioni che si occupano del diritto alla casa non abbiano ottenuto quello che volevano per i proprietari. Queste rappresentano un gruppo poco compatto di organizzazioni di base che spaziano da quelle che riescono a gestire affari delicati ad altre che forniscono consulenza diretta. Con queste loro asimmetriche discrepanze interne sono andati contro un mercato finanziario, potente e con ben solide basi.

Nel corso del dibattito sul piano di salvataggio, il Wall Street Journal descrive un lobbyista delle banche che digitava sul suo BlackBerry durante un'incontro di football dei Washington Redskins, mentre seguiva l'andamento dei lavori parlamentari sul decreto legge in Campidoglio.

Quel che lascia più rammaricati in tutto ciò è che negli anni ’90 le organizzazioni per il diritto alla casa e per lo sviluppo delle comunità sono cresciute in abilità lasciando il segno nello stato dei quartieri residenziali. Città come Newark stavano iniziando ad avere un ritorno, sostiene Zdenek. È preoccupante pensare ad una regressione.

Proprio in una fase in cui questi gruppi vorrebbero adoperarsi per delle rinegoziazioni dei mutui o per trovare nuove risorse finanziarie per aiutare i proprietari, ecco che esse vengono tirate in diverse altre direzioni. Questa settimana per esempio la National Community Reinvestment Coalition ha dovuto impiegare il proprio tempo ed energie per organizzare ancora un’altra conferenza stampa volta a confutare la convinzione secondo la quale il Community Reinvestment Act sarebbe all’origine della crisi del settore immobiliare.